8 SETTEMBRE: TUTTI A CASA
La proposta di convenzione presentata dal committente, già prevedeva l’individuazione di pesanti cause di incompatibilità e inconferibilità con l’incarico di medico fiscale, praticamente una riedizione aggiornata del decreto ministeriale del 1996, ma queste sono state ulteriormente estese, dalla proposta in discussione, includendo anche i rapporti a termine o di sostituzione.
E’ da ricordare, che ai sensi dell’art. 1 del D. Lgs. 39/2013, si intende per inconferibilità la preclusione, permanente o temporanea, a conferire taluni incarichi a coloro che si trovino in particolari condizioni (es: condanne penali, radiazione dall’albo, ecc), mentre, per incompatibilità, si intende la condizione per cui due o più situazioni sono tra loro in contrasto e non compatibili l’una con l’altra, tanto da obbligare il soggetto interessato a compiere una scelta.
Negli Accordi Collettivi Nazionali del personale convenzionato con il SSN (medicina generale, specialistica ambulatoriale, ecc), le incompatibilità sono determinate ai sensi dell’articolo 4, comma 7, legge 30 dicembre 1991, n.412, che recita:
“Con il Servizio sanitario nazionale puo' intercorrere un unico rapporto di lavoro. Tale rapporto e' incompatibile con ogni altro rapporto di lavoro dipendente, pubblico o privato, e con altri rapporti anche di natura convenzionale con il Servizio sanitario nazionale. Il rapporto di lavoro con il Servizio sanitario nazionale e' altresi' incompatibile con l'esercizio di altre attivita' o con la titolarita' o con la compartecipazione delle quote di imprese che possono configurare conflitto di interessi con lo stesso”.
E’ abbastanza agevole comprendere che la norma riguarda esclusivamente i rapporti convenzionali con il SSN e non è estendibile a rapporti convenzionali intrattenuti con altre Pubbliche Amministrazioni, tra l’altro libero professionali, quasi puro, come quello che è in discussione.
C’è poi qualche giocherellone, confidando sulla poca conoscenza della maggioranza in fatto di contrattualistica, che si vende la convenzione in discussione come “fotocopia”, “tipo”, “fac simile” dell’ACN della specialistica ambulatoriale, ma evidentemente sarà in possesso di un’edizione diversa dell’ACN e fa un po’ di confusione visto che, le due convenzioni, non hanno in comune neanche la copertina.
Per quanto riguarda le cause di incompatibilità da individuare nel rapporto che regolamenta l’attività dei medici fiscali, se ne è occupata, inizialmente, in maniera molto approfondita, dopo aver audito tutti gli attori interessati, la politica (che sarebbe poi quella che avrebbe richiesto, a detta di qualcuno, le incompatibilità tombali!!) attraverso l’indagine conoscitiva condotta, nel 2014, dalla Commissione Affari Sociali della Camera.
La Commissione aveva approvato all’unanimità, cioè con votazione favorevole dei rappresentanti di tutte le forze politiche, quindi anche di coloro che all’epoca erano Opposizione e oggi Maggioranza, il documento conclusivo che, a proposito delle incompatibilità, recita:
“Sulla base di quanto evidenziato da più parti nel corso dell’indagine, le richieste che la Commissione Affari sociali ritiene condivisibili riguardano innanzitutto una chiarezza sulle condizioni contrattuali, con un regime di incompatibilità omogeneamente applicato che escluda la possibile sovrapposizione del ruolo di certificatore e di verificatore dello stesso stato di malattia che vanno invece rigorosamente tenuti distinti”.
Con la nascita del Polo Unico, previsto dalla legge delega 124/2015, costituito successivamente ai sensi dell’articolo 55-septies, comma 2bis, decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, a proposito delle incompatibilità, viene ulteriormente chiarito che:
“l’atto di indirizzo per la stipula delle convenzioni, stabilisce, altresì, la durata delle convenzioni, demandando a queste ultime, anche in funzione della relativa durata, la disciplina delle incompatibilità in relazione alle funzioni di certificazione delle malattie”.
Il decreto ministeriale 2 agosto 2017, con il quale è stato emanato l’atto di indirizzo, lo stesso prevede che:
“la convenzione disciplina i criteri e i casi di incompatibilita', anche in relazione alle funzioni di certificazione delle malattie”
Abbiamo ricordato che per incompatibilità, ai sensi del dlgs 39/2013 si intende la condizione per cui due o più situazioni sono tra loro in contrasto e non compatibili l’una con l’altra.
Per quanto sopra è abbastanza agevole comprendere che debba esistere un pericolo, anche potenziale, per cui l’attività di medico fiscale sia incompatibile con una qualsiasi altra attività svolta escludendo la possibile sovrapposizione del ruolo di certificatore e di verificatore dello stesso stato di malattia, ma se questo pericolo, anche potenziale, non esiste, automaticamente decade la condizione di incompatibilità.
Tra l’altro, non è possibile applicare le incompatibilità generiche previste dalla sopra richiamata legge 412/91, in quanto la convenzione per i medici fiscali non è certamente, ma neanche lontanamente, una convenzione del SSN.
A questo punto, in base alla normativa ricordata, c’è da chiedersi se il medico fiscale che eserciti un’altra attività sia essa come dipendente, convenzionato con il SSN o libero professionista, in territori diversi da quelli dove effettua le visite fiscali, anche se questa attività dovesse prevedere il rilascio di certificazione di malattia, oppure eserciti un’attività, con i rapporti citati, anche nello stesso territorio fiscalizzato, ma che non prevede il rilascio di certificazione, quindi escludendo anche il cd rischio potenziale, è da considerarsi sempre e comunque incompatibile?
Anche se si volesse ricondurre l’incompatibilità tombale alla funzione esercitata e che comunque si dovrebbe necessariamente applicare, anche per non incorrere in immotivate omissioni, a tutte le tipologie di rapporto (dipendente, convenzionato e libero professionale), come abbiamo visto in altro post, questa non trova giustificazione se non vi sono rischi, anche potenziali, in base alle norme attualmente in vigore e sarebbe in contrasto, come evidenziato dalla Suprema Corte di Cassazione, anche con i principi costituzionali (articoli 4 e 35).
Diversamente dalle incompatibilità alla funzione o tombali che troveranno applicazione solo quando verrà sottoscritta la convenzione in discussione, le norme che riguardano il conflitto di interesse, che non violano certamente i principi costituzionali, sono già in vigore, ma non risultano presenti, probabilmente per una dimenticanza, nella proposta in discussione, se non in una forma molto blanda e strettamente limitata solo ad alcune circostanze strettamente personali.
Tra l’altro, essendo disposizioni in vigore perché previste da normativa primaria e secondaria, si sarebbe dovuto sollecitarne la loro applicazione soprattutto in considerazione della introduzione delle incompatibilità tombali, finalizzate, come ripetuto in alcuni ambienti, per avere un rapporto con l’Istituto fidelizzato e con tutte le tutele.
Infatti, il DPR 6 aprile 2013, n.62, “Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165” all’articolo 2, comma 3, recita:
“Le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 estendono, per quanto compatibili, gli obblighi di condotta previsti dal presente codice a tutti i collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o incarico e a qualsiasi titolo…”
Inoltre, l’articolo 6, comma 2, recita:
“Il dipendente si astiene dal prendere decisioni o svolgere attivita' inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado. Il conflitto puo' riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali…”
Infine, l’articolo 7, comma 1, recita:
Il dipendente si astiene dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attivita' che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi….
L’Istituto, come tutte le Amministrazioni, così come previsto dal DPR 62/2013, ha emanato anche un suo Codice di comportamento che integra il Codice generale e, con Determinazione 24 gennaio 2017, n.11, avente ad oggetto “Piano triennale di prevenzione della corruzione 2017-2019”, ha così deciso:
“Il Codice di comportamento dei dipendenti dell’Istituto, adottato con determinazione commissariale n. 181 del 7 agosto 2014, ai sensi dell’art. 54, comma 5, del D.Lgs. n. 165/2001, integra e specifica il Codice generale- al quale rinvia per quanto non specificamente disposto - attraverso la previsione di obblighi di condottaindividuati in considerazione delle funzioni e delle peculiarità organizzative dell’Istituto.
Il Codice, inoltre, definisce gli effetti dei comportamenti tenuti in relazione delle prescrizioni ivi contenute, precisando che gli stessi, oltre a rilevare ai fini della valutazione della performance, determinano responsabilità disciplinare ed eventuale responsabilità penale, civile, amministrativa e contabile, e, per i soggetti esterni, l’attivazione di clausole di risoluzione o decadenza del rapporto con l’Istituto”.
Tra l’altro, essendo le disposizioni in vigore, la decadenza dall’incarico, in caso di accertata violazione delle prescrizione previste dalla normativa richiamata, dovrebbe essere con effetto immediato (se non, addirittura, retroattiva),indipendentemente dalla sottoscrizione della convenzione.
Inps, aveva già disposto, con la circolare 6 agosto 2004, n.120, di “EVITARE CHE SUSSISTANO INCOMPATIBILITÀ ASSOLUTE O RELATIVE” con riferimento al codice deontologico e, in via analogica, all’artico 51 del Codice di Procedura Civile, che recita:
1) se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto;
2) se egli stesso o la moglie e' parente fino al quarto grado o legato da vincoli di affiliazione, o e' convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori”;
ecc..
Ovviamente, per “commensali abituali” non si intendono solo le persone con le quali abitualmente si va a pranzo o a cena insieme, ma la dizione della norma di legge è stata notevolmente ampliata fino a ricomprendervi ogni tipo di relazione lavorativa, professionale, ecc.
Tali divieti, sono stati successivamente inclusi tra le incompatibilità assolute previste nella proposta di decreto ministeriale presentata, nel 2007, dall’Istituto ai Ministeri Vigilanti:
“L’iscrizione nelle liste non sarà riconosciuta al medico che, nell’ambito della medesima provincia di iscrizione nelle liste:
si trovi in una qualsiasi posizione non compatibile per specifiche norme di legge, regolamentari – con particolare riferimento al codice deontologico e, in via analogica, all’articolo 51 del codice di procedura civile – o di contratto di lavoro”.
Tra l’altro, se le incompatibilità tombali, oltre a dover essere, come da qualcuno continuamente ripetuto, indispensabili in un’ottica di fidelizzazione del rapporto e per poter ottenere le tutele, quelle per conflitto di interesse, altrettanto necessarie, potrebbero comportare, in caso di inosservanza, anche serie conseguenze sia per i trasgressori che per il Dirigente preposto al controllo.
Dal film “Tutti a casa”: l’8 settembre, Alberto Sordi, nei panni del tenente Innocenzi: “Signor Colonnello, è successa una cosa straordinaria: i tedeschi si sono alleati con gli americani e ci sparano addosso, che facciamo?”
mauro